Criptovalute
K33: ETH PRONTO A SOVRAPERFORMARE BTC CON IL LANCIO DEGLI ETF
Secondo gli analisti di K33 Research, il lancio imminente degli ETF spot su Ether negli Stati Uniti potrebbe attrarre significativi afflussi di capitali, favorendo una…
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Criptovalute
Nel corso della prima settimana di ottobre, Bitcoin ha superato il suo precedente massimo storico, toccando i 125.245 dollari il 5 ottobre 2025, e mantenendo per alcuni giorni un intervallo compreso tra 122 e 126 mila. È un record che arriva in una fase di apparente maturità del mercato, quando la criptovaluta ha cessato di rappresentare un fenomeno marginale per divenire un elemento integrato del circuito finanziario globale.
Nella settimana terminata il 4 ottobre, i flussi verso gli ETF su asset digitali hanno raggiunto il livello più alto mai registrato, pari a 5,95 miliardi di dollari, di cui 3,55 miliardi confluiti in prodotti su Bitcoin e 1,48 miliardi su Ethereum. È la prova empirica che il movimento non nasce da impulsi retail o da ondate speculative spontanee, ma da un processo di accumulazione regolata, dove la domanda si struttura attraverso veicoli istituzionali che mediano, formalizzano e contabilizzano il rischio.
Il superamento dell’ATH non rappresenta dunque un gesto euforico, ma una tappa nella normalizzazione del rischio digitale. Ciò che fino a pochi anni fa era considerato un esperimento di libertà monetaria è oggi una variabile ordinaria nei bilanci di fondi pensione, tesorerie corporate e asset manager. L’ETF, in questa configurazione, diventa il dispositivo tecnico attraverso il quale l’incertezza si trasforma in esposizione misurabile: una forma di derivazione fiduciaria del rischio, in cui la volatilità non viene eliminata, ma amministrata.
Il successivo arretramento del prezzo, verificatosi tra l’8 e il 10 ottobre, quando Bitcoin è sceso fino a 104.782 dollari in concomitanza con l’inasprirsi delle tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina, non contraddice questa dinamica, ma ne mette in luce la struttura. Il mercato non reagisce più come un organismo emotivo, bensì come un sistema interconnesso con la finanza tradizionale: gli stessi eventi che muovono l’azionario globale muovono ormai anche Bitcoin, segno che la sua presunta indipendenza è divenuta una forma di correlazione sofisticata.
La differenza rispetto al passato risiede nella qualità del capitale che muove il mercato. L’ingresso dei flussi istituzionali, pur conferendo stabilità e profondità, riduce l’ampiezza del margine speculativo. L’idea di “libertà” che aveva alimentato la fase pionieristica lascia il posto a un regime di prevedibilità contabile, dove la misura del successo non è più la discontinuità, ma la capacità di resistere all’interno di parametri coerenti con la gestione del rischio sistemico. In tal senso, il nuovo massimo storico non segna una liberazione, ma un assestamento.
Sul piano macroeconomico, la spinta rialzista resta connessa a fattori di contesto: debolezza del dollaro, incertezza sui tassi reali e persistente ricerca di coperture alternative. Tuttavia, questi elementi non bastano a spiegare la traiettoria: ciò che rende il fenomeno rilevante è la sua integrazione strutturale nel perimetro della regolazione. Gli afflussi verso gli ETF non rappresentano un capitale “nuovo”, ma una traslazione del capitale già esistente in forme di investimento compatibili con il diritto dei mercati. Bitcoin non viene più acquistato per scommessa, ma per esigenza di diversificazione formalmente riconosciuta.
È in questa prospettiva che il massimo di ottobre assume il suo valore simbolico. Non come cifra assoluta, ma come soglia di validazione: la prova che la criptovaluta può operare come strumento regolato senza perdere del tutto la propria natura. La successiva flessione — un ritorno temporaneo verso l’area dei 120 mila — indica piuttosto l’avvio di un ciclo di consolidamento, nel quale il prezzo non misura più la fede nell’idea, ma la tenuta della sua istituzionalizzazione.
Non è un trionfo, né una sconfitta. È la registrazione di un passaggio storico: Bitcoin non è più l’eccezione che voleva essere, ma un capitolo ordinario della finanza contemporanea. E come ogni forma che diventa regola, ha perso qualcosa della propria purezza originaria, guadagnando in solidità ciò che ha sacrificato in disobbedienza.