Il lancio degli ETF su Ethereum (ETH) ha sollevato grandi aspettative tra gli investitori, ma le performance registrate fino a questo momento si sono rivelate nettamente inferiori rispetto a quelle degli ETF su Bitcoin (BTC): mentre i prodotti ETF BTC hanno visto afflussi pari a circa 19 miliardi di dollari nei primi dieci mesi di attività, gli ETF su Ether, introdotti a luglio 2024, hanno segnato un saldo netto negativo di 556 milioni di dollari, con continui deflussi che ne hanno limitato il successo.
Una delle principali spiegazioni di questo divario può essere ricondotta alle condizioni macroeconomiche e alla psicologia del mercato.
Gli investitori, di fronte a una crescente avversione al rischio, hanno evitato posizioni più speculative, come evidenziato dall’andamento negativo del prezzo di Ether, che ha perso oltre il 26% dal lancio degli ETF.
Questa flessione è avvenuta in concomitanza con una correzione generale dei mercati azionari, che ha colpito duramente anche il settore delle criptovalute, accentuando la correlazione tra criptoasset e asset tradizionali.
Un altro elemento critico riguarda la struttura stessa degli ETF ETH, che non consentono agli investitori di accedere al meccanismo di staking, una delle caratteristiche centrali di Ethereum.
Lo staking permette ai detentori di ETH di bloccare i loro token nella rete Ethereum per guadagnare rendimenti passivi, attualmente intorno al 3,5% annuo.
L’assenza di questa funzionalità negli ETF penalizza gli investitori, che oltre a non ottenere rendimenti dallo staking, devono pagare commissioni di gestione che variano dallo 0,15% al 2,5%.
Questo rende tali prodotti finanziari meno appetibili per quegli investitori più sofisticati e orientati al rendimento, che preferiscono detenere direttamente Ethereum per trarre beneficio da tutte le opportunità offerte dalla rete.
In aggiunta, la complessità tecnica di Ethereum rappresenta una sfida significativa nella comunicazione del valore di tali strumenti finanziari.
A differenza di Bitcoin, la cui narrativa si è cristallizzata attorno al concetto di “oro digitale” e di riserva di valore grazie alla sua offerta limitata, Ethereum si posiziona come una piattaforma multifunzionale per smart contract, applicazioni decentralizzate (dApp), finanza decentralizzata (DeFi) e tokenizzazione: questa vasta gamma di applicazioni, pur offrendo un potenziale enorme, risulta di più difficile comprensione per gli investitori tradizionali, rendendo più arduo il compito di promuovere gli ETF basati su Ether ad un pubblico che potrebbe non avere familiarità con le dinamiche della blockchain.
Inoltre, la concorrenza di altre piattaforme blockchain, come Solana, che promettono maggiore velocità e costi di transazione più bassi, contribuisce a ridurre l’attrattiva di Ethereum agli occhi degli investitori.
Mentre Ethereum continua a essere considerata una delle principali piattaforme del settore, il continuo sviluppo di progetti concorrenti e le sfide tecnologiche che essa deve ancora affrontare, come la scalabilità, alimentano un certo scetticismo sul suo potenziale a lungo termine; di conseguenza, la fiducia degli investitori è rimasta moderata, influenzando negativamente la domanda di prodotti finanziari legati a Ethereum.
In conclusione, il percorso degli ETF ETH appare ostacolato da una serie di fattori strutturali, psicologici e di mercato.
Per incrementare l’attrattiva di tali strumenti, sarebbe necessaria una revisione della loro struttura per consentire agli investitori di accedere a funzionalità chiave come lo staking, oltre a un ulteriore sforzo educativo per semplificare e chiarire le opportunità legate all’ecosistema di Ethereum.
Soltanto superando queste sfide, gli ETF su Ether potranno competere efficacemente nel panorama finanziario e attrarre una base di investitori più ampia e diversificata.