Dopo le dichiarazioni del viceministro dell’economia Maurizio Leo, che avevano destato grandi preoccupazioni tra gli operatori del settore crypto, risulta accertato che nel ddl Bilancio per il 2025 è stato effettivamente proposto un corposo aumento percentuale (al 42%) dell’imposta sulle plusvalenze da criptovalute.
Un aumento così sproporzionato (attualmente l’imposta è del 26%) potrebbe avere conseguenze marcatamente negative, indebolendo la competitività dell’Italia rispetto ad altri Paesi europei.
La misura, infatti, potrebbe indurre molte aziende e molti investitori a ricercare giurisdizioni con un trattamento fiscale più favorevole: paesi come la Germania, dove le plusvalenze da criptovalute sono esentasse se detenute per più di un anno, o il Portogallo, con una tassazione meno onerosa per gli investitori a lungo termine, potrebbero attirare l’attenzione degli operatori.
Se si considera poi che l’introduzione di questa misura arriva in un contesto in cui il MiCAR mira a uniformare le normative sul mercato delle criptovalute all’interno dell’Unione Europea, facilitando l’operatività delle imprese a livello continentale, si può agilmente capire con lo scenario di cui sopra sia a fortiori prefigurabile.
L’Italia, dunque, rischia di perdere terreno rispetto ad altri Stati membri, compromettendo la sua posizione (già di per sé non ottima) nel panorama europeo delle criptovalute.