Criptovalute

BITCOIN E IL TRAMONTO DEL MATTONE: QUANDO IL SOGNO AMERICANO DIVENTA DIGITALE

BITCOIN E IL TRAMONTO DEL MATTONE: QUANDO IL SOGNO AMERICANO DIVENTA DIGITALE

Nell’immaginario collettivo statunitense, poche idee sono risultate tanto radicate quanto la convinzione che la proprietà di una casa costituisca l’apice della realizzazione individuale — il coronamento del cosiddetto American Dream. Eppure, in una stagione storica segnata da contrazione dell’accesso al creditostagnazione salariale e instabilità macrofinanziaria, una nuova narrativa si affaccia sullo sfondo: quella che vede nella detenzione di Bitcoin non più un’alternativa speculativa, bensì il nuovo standard simbolico di benessere patrimoniale. A rilanciarla non è un outsider, ma Changpeng Zhao, fondatore ed ex CEO di Binance, che in un post pubblicato il 26 giugno ha affermato che “il futuro sogno americano sarà possedere 0,1 BTC — un valore che supererà quello di una casa negli Stati Uniti.”

La dichiarazione, di per sé provocatoria, non arriva nel vuoto. A darle sostanza è un ordine emesso da Bill Pulte, direttore della Federal Housing Finance Agency (FHFA), che prevede l’integrazione delle criptovalute nelle metriche di valutazione del rischio ipotecario da parte di Fannie Mae e Freddie Mac — le due principali entità sponsorizzate dal governo che operano nel mercato secondario dei mutui residenziali. L’ordine, definito dallo stesso Pulte come “storico”, obbliga le due GSE (Government-Sponsored Enterprises) a elaborare una proposta concreta per considerare le criptovalute come asset di riserva all’interno delle valutazioni di rischio sui mutui per nuclei monofamiliari, senza che vi sia conversione preventiva in dollari statunitensi.

In termini operativi, ciò significa che un potenziale mutuatario potrebbe includere i propri asset digitali detenuti su exchange regolamentati negli Stati Uniti nel calcolo della propria solvibilità creditizia. È un cambio di paradigma concettuale: fino ad oggi, la trasparenza e la volatilità degli asset digitali ne avevano precluso l’ingresso nei modelli standardizzati di risk assessment. Ma in un contesto segnato dalla crescente istituzionalizzazione del comparto crypto, tale barriera si sta rapidamente erodendo.

L’iniziativa si colloca inoltre in una più ampia traiettoria di apertura politica. Pulte, nominato di recente alla guida della FHFA, non ha nascosto le sue simpatie per l’attuale amministrazione repubblicana, ringraziando esplicitamente Donald Trump per aver contribuito a fare degli Stati Uniti “la capitale mondiale delle criptovalute.” Se da un lato tale dichiarazione contiene una dose di enfasi retorica, dall’altro fotografa una dinamica reale: la progressiva saldatura tra interessi politici, pressione regolamentare e ambizioni del settore blockchain.

Ma che impatto avrà davvero questa svolta? In primo luogo, la legittimazione degli asset digitali come strumenti di garanzia per l’accesso al credito rappresenta una frattura nei modelli di intermediazione tradizionale. Il possesso di Bitcoin, lungi dall’essere confinato a portafogli speculativi o corporate treasury, potrebbe diventare un indicatore di creditworthiness. Si tratta di una riconfigurazione dell’identità patrimoniale che sposta l’asse dal “mattone” al “token”, dalla solidità dell’immobile alla scarsità matematica del bene digitale.

In secondo luogo, se l’affermazione di Zhao — che 0,1 BTC possa un giorno valere più di una casa — appare oggi iperbolica, essa non è priva di logica interna. La combinazione di offerta fissa (21 milioni di unità)adozione crescente, e crescente riconoscimento istituzionale potrebbe innescare, nel lungo periodo, un apprezzamento tale da rendere Bitcoin un bene rifugio superiore all’immobiliare in termini di protezione patrimoniale, liquidabilità e funzione di riserva.

Non mancano, ovviamente, le criticità. Resta aperto il nodo della volatilità, che continua a rendere difficilmente compatibile Bitcoin con gli attuali parametri di risk-weighted assets. Inoltre, la trasparenza delle blockchain non sempre si traduce in tracciabilità utile al fine della compliance bancaria, soprattutto in assenza di standard condivisi per la custodia e la prova di riserva.

Tuttavia, la traiettoria è tracciata: la tokenizzazione del capitale sta progressivamente abbattendo i confini tra asset tradizionali e asset nativamente digitali. E se, fino a ieri, detenere un mutuo era il simbolo della stabilità finanziaria, domani potrebbe essere il wallet a certificare — matematicamente e pubblicamente — la solidità del soggetto economico.

La casa come simbolo del sogno, dunque, potrebbe cedere il passo a un frammento di codice, non meno concreto nella sua funzione, ma infinitamente più portatile.