Da oltre due mesi, il prezzo di Bitcoin oscilla all’interno di una fascia di prezzo ben definita, senza dare segnali di direzione chiara nonostante gli afflussi istituzionali miliardari derivanti dall’esplosione del mercato degli ETF spot.
La criptovaluta, che dal 18 dicembre si muove tra i 92.400 e i 106.500 dollari, ha registrato un breve scatto al rialzo in occasione dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, toccando un nuovo massimo storico a 109.000 dollari, per poi rientrare rapidamente nel range precedente.
Questa rigidità dei movimenti di prezzo ha sollevato interrogativi tra gli analisti, alcuni dei quali intravedono dinamiche di soppressione artificiale, che potrebbero frenare un mercato altrimenti pronto a una nuova fase rialzista.
Tra le voci più critiche si distingue Samson Mow, CEO di Jan3 e fondatore di Pixelmatic, secondo cui l’attuale struttura di prezzo suggerisce un intervento non organico:
“Se analizziamo l’andamento degli ultimi mesi, vediamo che Bitcoin tocca un picco, poi resta bloccato in un movimento laterale prolungato. Si può parlare di consolidamento, ma tutto appare eccessivamente calibrato. Il range ristretto in cui si sta muovendo non sembra affatto naturale.”
Le parole di Mow trovano terreno fertile in un contesto che, almeno sulla carta, dovrebbe sostenere un movimento più aggressivo verso l’alto.
Gli ETF spot su Bitcoin, approvati lo scorso gennaio, hanno infatti innescato un afflusso costante di capitali, con istituzioni e investitori retail che accumulano BTC su base giornaliera. Se a questo si aggiunge la strategia di accumulo di MicroStrategy, che continua ad acquistare Bitcoin in volumi superiori alla produzione giornaliera dei miner, il quadro diventa ancora più evidente: con una domanda crescente e un’offerta limitata, il prezzo dovrebbe muoversi in una direzione più chiara.
Eppure, questo non accade. La spiegazione, secondo Mow, è piuttosto semplice:
“Se il prezzo di Bitcoin non si muove nonostante la domanda istituzionale, significa che qualcuno sta vendendo. Nel mercato attuale, chi acquista lo fa per strategia di lungo periodo, il che implica che l’unico modo per mantenere il prezzo compresso è che ci sia un lato vendita altrettanto costante.”
Un altro elemento che potrebbe spiegare la fase di stallo del mercato riguarda i rimborsi ai creditori di FTX, che hanno iniziato a essere distribuiti questa settimana per un totale di oltre 1,2 miliardi di dollari. La particolarità di questi pagamenti risiede nel criterio adottato per il calcolo degli importi: gli asset sono stati convertiti in base ai prezzi di novembre 2022, quando Bitcoin era scambiato intorno ai 20.000 dollari.
Se da un lato questa liquidità potrebbe innescare una nuova ondata di investimenti nel mercato crypto, dall’altro alcuni analisti sottolineano come la discrepanza tra il prezzo attuale e il valore di riferimento dei rimborsi possa spingere molti creditori a liquidare immediatamente i loro asset, generando una pressione di vendita non trascurabile.
“FTX sta vendendo Bitcoin per pagare i creditori, ma lo sta facendo a un prezzo che ormai è lontano dalla realtà di mercato. Qualcuno sta assorbendo questa vendita, altrimenti il prezzo sarebbe già in risalita,” ha dichiarato Mow.
La questione non è secondaria: se l’effetto delle vendite legate a FTX dovesse protrarsi nelle prossime settimane, potrebbe continuare a pesare sull’azione di prezzo, impedendo a Bitcoin di reagire con forza agli stimoli rialzisti provenienti dagli ETF e dall’accumulazione istituzionale.
L’attuale struttura di mercato presenta due forze contrapposte: da un lato, gli acquisti istituzionali attraverso gli ETF e le strategie di accumulo di lungo periodo; dall’altro, una pressione di vendita che sembra calibrata per mantenere il prezzo entro un intervallo predefinito.
Tuttavia, se l’origine di queste vendite è riconducibile a fattori contingenti, come la liquidazione di Bitcoin legata ai rimborsi FTX, la dinamica attuale potrebbe essere solo temporanea.
Con previsioni di prezzo che oscillano tra 160.000 e 180.000 dollari per il 2025, il vero interrogativo è quanto a lungo il mercato riuscirà a mantenere questa compressione prima di un eventuale breakout.
Se la pressione di vendita dovesse affievolirsi e gli acquisti istituzionali continuassero al ritmo attuale, l’attuale fase laterale potrebbe rivelarsi una mera parentesi prima di un’espansione della volatilità verso nuovi massimi storici.